Apocalisse per acqua/2

La vita svanisce nell’attesa
che i padrini pubblicitari
combinino per voi dei duelli
con lo sporco impossibile,
che rinvia sempre la sfida.
Il finto sporco di cui vi sbarazzate,
ripasserà per le vostre viscere,
arricchendo la collezione dell’oncologo
di nuove rarità neoplastiche.

Ma che disinvoltura sociale:
denigrare il progresso scientifico
e sorvolare sull’evidenza del nesso
fra la proliferazione di alghe
e gli scarichi domestici dei bagni,
lavatrici, lavapiatti e diete ipercaloriche.
Verdi di bile, senza il coraggio
di far saltare almeno un anello
della micidiale concatenazione:
prodotti nocivi/consumi.

Seguitate a spararvi
deodoranti fra i coglioni,
sotto le rasate ascelle
e dentro le socchiuse vagine,
dilapidando la flora batterica
del sistema immunitario.

Vedranno le generazioni future
La primavera del Botticelli?

(Valentino Zeichen)

Apocalisse per acqua/1

<<E verrà meno l’infinita
pazienza dell’acqua>>
(Genesi, v. 14)

All’attuale tasso demografico,
fra un secolo in Europa, di bianco
rimarrà solo il bucato.

Non coltivate eccessive illusioni
che la decadenza dell’Occidente
trovi la sua controtendenza in
un originale capovolgimento,
che i piedi gommati prendano
il posto dovuto alla testa,
e inventino nuovi passi
d’un pensiero danzante.

Avete reso agile la stupidità,
confondendo di proposito
il vivere con lo jogging:
così, i piedi della gioventù
fanno le veci del cervello
e lessano, calzando nauseabonde
scarpe di gomma dalle ipocrite
tomaie a fiorellini multicolori.

Nel giorno del giudizio,
a nulla vi gioverà invocare
il veloce dio Mercurio
dai sandali alati.

 

La fantasia

Per certe persone la fantasia è capriccio, bizzarria, stranezza. Per altri è finzione, nel senso di non realtà, voglia, estro, ubbìa.

Per certi contadini è il ballo popolare. Per altri è allucinazione, fisima, ghiribizzo. Può essere intesa come fantasticheria, come fantasmagoria, come ispirazione, come vena. Per i militari è un esercizio che si fa ogni tanto, diverso dalle Regole Rigorose normali.

Fantasia è anche irregolarità, fare a vanvera, a casaccio. E poi, come se non bastasse, l’invenzione non è anche fantasia? E la fantasia non è anche invenzione? E come la mettiamo con l’immaginazione?

Una bugia è fantasia, invenzione o immaginazione?
Ma l’immaginazione non è anche fantasia? E le immagini della fantasia possono essere anche sonore? I musicisti parlano di immagini sonore, di oggetti sonori. Come si inventa una fandonia, un motore ad aria fredda, una nuova materia plastica?

(Bruno Munari, Fantasia)

MokaRitmo

indexHai una macchinetta del caffè, tipo moka?
Hai della polvere di caffè macinato?
Ok, procedi così:

  1. svita la macchinetta
  2. togli il filtro
  3. riempi la base d’acqua, in maniera che reinserendo il filtro non trabocchi
  4. reinserisci il filtro
  5. riempi il filtro con la polvere di caffè
  6. riavvita la parte superiore della moka
  7. accendi il gas
  8. metti la macchina sul fuoco
  9. attendi che esca tutto il caffè
  10. versalo nella tazza
  11. aggiungi zucchero a piacere
  12. gira col cucchiaino per far sciogliere lo zucchero
  13. bevi

Preso nota?
Questo è un algoritmo: l’algoritmo che serve per preparare il caffè.

Facile, no?

riBlog

Ho letto Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social di Jaron Lanier, che mi ha spiegato bene tante cose.
Pensavo che il blog fosse uno strumento morto e che la conversazione si fosse spostata altrove. Era vero, ma non per obsolescenza.
Mettere i propri contenuti fuori da certe piattaforme è doveroso, direi, come è doveroso sottrarsi al gioco perverso dell’algoritmo.
D’ora in poi, perciò, i miei post torneranno qui sul blog e sui social saranno soltanto condivisi, in attesa di ulteriori sviluppi, perché chi fosse interessato possa leggerli.
Prometto approfondimenti sul tema, a beneficio di quanti siano interessati.

Z.

Nonostante la vita continuasse a inviargli i suoi segnali, Z. si ostinava a comportarsi come aveva sempre fatto. Era certo che la leggerezza fosse la via per suscitare la benevolenza altrui, conquistarne la simpatia e l’apprezzamento. Leggerezza che non significava superficialità.

Z. era abituato a esercitarsi nell’empatia, talmente proiettato verso gli altri da dimenticare di rimanere centrato con i piedi sul terreno dove stava. Continuava a inzepparsi la testa di letture profonde e di informazioni inutili, che sciorinava, talvolta, in una conversazione, ma senza vantarsene, anzi, minimizzandone l’importanza.

Era compiaciuto dal fatto di conoscere la risposta giusta, e si divertiva a indovinare la soluzione di qualche problema pratico, di scarsa importanza, che i più consideravano fastidioso.

Sul lavoro s’era costruito così la reputazione: quando non sai chi ti può risolvere il problema, rivolgiti a Z. (il che comportava lo sgradevole effetto collaterale di diventare quello a cui si mollano le rotture di scatole più assurde, ma nella sua mitezza Z. fingeva che questo non fosse un problema).

Era convinto, Z., che la strada per il successo passasse per la sostanza: se sai e sai fare il mondo sarà sempre ai tuoi piedi, o, comunque, finirà per accorgersi di te.

In realtà l’incapacità di far pesare quello che sapeva e sapeva fare lo condannava all’irrilevanza, alla consapevolezza che la brillantezza senza talento non porta da nessuna parte e che se si ha la fortuna di saper fare discretamente alcune cose ci si deve lavorare forte sopra, per eccellere almeno in una.

Svolazzare come una farfalla in attesa della retina di un collezionista illuminato serviva a poco: meglio un paio di canini affilati che i modi affettati del milord, che al primo vento di tempesta mostrano tutta la loro inutilità.

Insisteva, comunque, coerente e coraggioso. Procedeva a testa alta verso la nebbia del futuro, convinto di aver fatto qualcosa di importante nella vita, anche se non ricordava bene cosa.

Mangiare è un atto agricolo

“Mangiare è un atto agricolo”
(Wendell Berry)

“…applicare il principio del libero scambio alle derrate di cibo è quanto di più ingiusto si possa immaginare, proprio perché le nostre comunità nei singoli territori vivono dei prodotti del suolo e hanno bisogno dei mercati locali. Queste realtà non possono restare sotto schiaffo di un libero scambio i cui prodotti ottenuti su scala industriale, gli stessi prodotti che arrivano da fuori a un prezzo più basso, per motivi sociali, economici, di sfruttamento, e in alcuni casi anche di manipolazione genetica, sono in grado di scardinare le realtà agricole dei singoli paesi e distruggere le economie locali” (Carlo Petrini)