Giorgia on my mind

meloni & meloni
Cari amici, tanto tuonò che piovve. Mentre mi genuflettevo a un sozzo virus che mi metteva kappaò, arrivava l’M-day: l’onda di piena c’è stata, i sondaggi l’avevano prevista ma non nelle proporzioni che hanno messo a nudo una brutta situazione.

Ovviamente è salito alto il grido di dolore: fascistoni alla guida del Paese!
In realtà questa cosa accade da trent’anni, lo sdoganamento dei missini è targato Silvio B. e si tratta di facce note, anzi notissime, per aver già partecipato a governi passati, fallimentari più o meno come tutti.

Il lavoro sulla memoria degli italiani, agevolato dal passare del tempo, è stato portato avanti in maniera incessante. E ha prodotto quello stato che in una lettera recente mi pareva giusto definire “se niente importa”, per citare il titolo che un grande scrittore ha utilizzato per altre non meno nobili questioni.

Così l’inutile scampanellamento di tutti gli allarmi fascismo ha prodotto il niente del risultato elettorale. Il centrodestra non fa altro che redistribuire i voti tra le sue componenti, e vista la credibilità recente di Salvini è normale che i suoi elettori abbiano scelto Meloni. Anche perché se devono votare a destra, forse gli torna meglio votare più a destra possibile.

Le condizioni tragiche del PD vanno lette aggiungendo un dato: tutti quelli, e sono tanti, che dicono di votare col naso turato: se avessero una proposta alternativa ciao. Così come, a leggere in giro, sembra ci siano voti comunisti nel ricco bottino portato a casa da Giuseppe Conte, la cui faccia amica ha rassicurato gli italiani durante il lockdown, o almeno ha provato a farlo.
All’epoca era molto popolare. Forse troppo.

Ma non sto qui a fare l’analisi del voto, non ne ho la capacità, registro quello che sento. L’allarme ora si accende su certi fronti, che la destra considera poco o per niente, quando non rema contro. Mi aspetto che alcuni si sentano liberi di aggredire, discriminare, intimidire, insultare. Temo per tutti i possibili bersagli, e sono tanti.

Per il resto, sarà ordinaria amministrazione. Resta il fatto, sconcertante, che a Stazzema Fratelli d’Italia ha preso il 30% dei voti e il cdx ha vinto quasi con la maggioranza assoluta. E capite bene, amici miei, che davvero siamo al se niente importa.

Vita pericolosa del sarago mannaro

foto segnaletica
Cari amici, beati voi! Vi siete distratti con i funerali di Elisabetta, state lì a sgranare il rosario pregando tutti i numi di scoprire lunedì prossimo che i numeri della Meloni siano meno di quanto predicavano i sondaggi e avete passato una domenica allegra assistendo alle sceneggiate di Mourinho. Fortunati.

Noi invece abbiamo convissuto col terribile Sarago Mannaro, il feroce morsicatore del Golfo di Procchio, Isola d’Elba, dalle orrende fauci fameliche e spietate.

Avevamo notato sobbalzi e gridolini dei bagnanti, in acqua: nuotatori di lunga lena che traversavano il golfo manco fossero traghetti in servizio di linea, istruttrici di cani da salvamento, circondati da sirene con tatuate farfalle variopinte e costumini succinti, omini de panza, cani barboncini con la fobia dell’acqua, cani pointer che percorrevano il bagnasciuga a 50 all’ora come pazzi, impresarie milanesi che parlavano di soldi sotto l’ombrellone che le riparava dal sole ma non impediva loro di vagheggiare di casse integrazioni che tacitino dipendenti avidi, decisi a rivendicare salari con tutta l’ingratitudine e l’irriconoscenza delle maestranze cippute.

Stavamo dicendo? Ah, sì, il sarago mannaro. Come agisce il subdolo predatore delle sabbie nostrali? Manda in avanscoperta un pesce rondinella di quelli con la macchietta sopra la codina biforcuta, che uno li guarda, nell’acqua trasparente, ed esclama ooh aah guarda guarda che bel pesciolino.

Lui ti balletta intorno, tu ti distrai un attimo e osservi la chiappa soda della vicina d’ombrellone che esce dall’acqua e in quel momento zac! L’astuto sarago mannaro, giunto all’improvviso, ti attacca alle spalle, ti azzanna le carni, ti scarnisce i calcagni e ti intacca i garretti, senza riguardo a genere, religione, lingua o professione.

Lui arriva e morde, e se ti trova buono rimorde. Porto ancora i segni di questa terribile esperienza, e su tutte e due le zampe! La destra ha sanguinato copiosamente, la sinistra ha ancora adesso un’orribile ferita.

Se ti tuffi nell’acqua trasparente lo vedi, beffardo, che ti nuota intorno. Qualcuno ha tentato di colpirlo, ingannato dalle distanze alterate dall’acqua, vibrando colpi incerti, da ubriaco, e calci nel vuoto. Il terribile pesciolino, camuffato nella sua livrea a strisce simil juventine, si allontana con due colpetti di coda e cerca altre vittime ignare, basandosi sui precisi resoconti del pesciolino ricognitore.

Un animale subdolo, in grado di manipolare l’informazione veicolando fake news: l’anziano canoista lombardo, sedicente esperto di cose ittiche, asseriva con certezza che trattavasi di pesce ragno, volgarmente detto tracina, che s’acquatta nella sabbia e zot! Ti arpiona con una specie di pungiglione dolorosissimo.
No! Il sarago mannaro preferisce l’eleganza del morso rapinoso alla ferocia belluina della zaccagnata improvvisa, che fa piangere le ragazze e bestemmiare tutti i numi i maschi senza dio di queste lande larghe di bocca e profumate di mirti e salvie.

Sembra si tratti di Resistenza: no alla grigliata, umani go home.

E in effetti al restaurant si trovano più facilmente orate e spigole che le peschi facilmente alla Coop o dal grossista cash & carry.

Del sarago mannaro rivoluzionario nei menu non c’è traccia: segno che solo chi lotta può sopravvivere, in questo mondo ingiusto e furbacchione.

Perciò domenica mi sa che voto sarago.

Se niente importa

friends
Per fortuna nelle ultime settimane sono stato molto impegnato e non ho potuto seguire più di tanto l’accelerazione della campagna elettorale perenne che va avanti da qualche anno e si prepara allo showdown settembrino.
Ormai c’è poco da illudersi: gli italiani votano come tifosi e i politici lo sanno. Così possono dire tutto e il contrario di tutto per riempire gli spazi che hanno a disposizione, parlando al pubblico dei comizi, dei talk show, dei social network, dei giornali di carta.
Della contrapposizione tra destra e sinistra restano sul tavolo i temi.
Viviamo da decenni una fase in cui gli squilibri tra chi ha e chi non ha niente aumentano a dismisura, ma questo non basta a creare una sensibilità maggiore verso i più deboli, verso le tematiche ambientali, e non basta a creare un desiderio tangibile di pace e di prosperità. Al netto delle minchiatine social.
Un’agenda politica scritta altrove, in un Paese a sovranità limitata che deve stare in un tracciato preordinato e non scantonare, dovendo rispondere a logiche sovranazionali di cui si è fatto garante e sostenitore, crea i presupposti per far sì che si notino sempre meno le differenze tra questo o quell’aspirante leader.
L’esperienza del Movimento 5 Stelle al potere dovrebbe insegnare qualcosa: siamo davanti a forze che tendono a essere diversamente uguali, che si propongono in modo diverso ma puntano a piazzare più culi possibili sulle poltrone che contano, sapendo già di determinare poco o niente: gli orientamenti generali sono quelli, tutto sta a trovare chi si prende la briga di mettersi al timone di una macchina statale che cammina da sola.
Fenomeno accentuato dalle numerose emergenze recenti, che hanno persuaso molti a continuare sulla strada dell’allarme, che costruisce consenso. L’importante è strillare all’emergenza, senza mai venirne a capo: come chi cerca voti promettendo sicurezza e sa che la promessa, per portare frutti, deve essere reiterata. E dunque si deve aumentare il bisogno di sicurezza, ingigantire il problema invece di risolverlo per poter continuare a proporsi.
La differenza sta (starebbe), quindi, nel sistema di valori che dovrebbe differenziare gli schieramenti. E qui si rompe l’ultimo velo, perché il consenso a Meloni e al centrodestra, che pare straripare, a leggere i sondaggi, significa che non si ritiene importante difendere certe conquiste, o, perlomeno, che non le si ritengano a rischio.
Così si accetta di buon grado, come democratica, una forza che include elementi che certi valori li mettono in discussione, evocando scenari che in giro per l’Europa, vedi foto, già marciano da tempo. Fascismo, razzismo, sessismo, autoritarismo, negazione della libertà di stampa, dei diritti dei lavoratori, e poi carceri, fine vita, aborto, parità di genere, nessun tema di questi entra davvero nella valutazione di una candidatura.
Ci si ferma in superficie.
Si pensa di poter “provare”, senza capire che bastano pochi mesi per cambiare faccia a un Paese. Soprattutto in peggio.
Così ci accingiamo a votare non si sa per chi, sapendo anche di aver preso calci non da poco seguendo la logica del voto “utile”. Utile a chi? Un pezzo enorme del Paese non è rappresentato dalle principali forze in campo. Restano a pigolare forze, appunto, residuali.
Ma non è questo, il punto: il punto è che niente, davvero, sembra più importare. Solo il potere e il desiderio di stare nel flusso che conta, quello che dà prestigio e vantaggi personali, quello che ti fa sistemare per la vita.
Utopie di plastica, deliri d’onnipotenza domestica.
Gorbaciov volava parecchio più alto.
Ma è finito in miseria…