Riprendiamoci il nostro tempo, chiudiamo i negozi quand’è festa

L’apertura domenicale/festiva dei negozi raramente risponde a delle vere necessità. Cerca, piuttosto, di creare bisogni. Bisognerebbe, però, fare i conti dell’incremento reale delle vendite del singolo negozio/esercizio, tanto per vedere a chi davvero conviene.

Quando i negozi erano chiusi la domenica e osservavano orari standard e turni di riposo regolari si faceva la spesa e si comprava tutto senza problemi. Gli orari di apertura erano congegnati in modo da creare disponibilità per tutti i tipi di clienti, qualche difficoltà in più ce l’aveva, semmai, proprio chi seguiva orari da negozio.

La liberalizzazione delle aperture crea due ordini di problemi: uno di concorrenza, con gli esercizi che sono costretti a coprire orari più lunghi, l’altro di correttezza nei rapporti con i lavoratori, che vedono lievitare l’orario ma, spesso, non la retribuzione, e che si trovano a osservare turni di riposo che li tengono lontani dalla famiglia e alimentano il problema di reperire spazi per i bambini e assistenze che non siano quelle dei nonni, nei turni coperti dal lavoro.

Il tutto non serve ad accrescere il volume degli affari degli esercizi commerciali in generale, che per forza di cose è soggetto agli stessi limiti, dati dalla disponibilità di spesa dei clienti. Serve soltanto, semmai, a polarizzare i ricavi nelle mani dei più potenti e dei più furbi. Bisogna cambiare. L’unica via sarebbe non comprare niente a orari o in giorni non standard.

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