Baricco e il cambio di paradigma: rivoluzione tecnologica e/o rivoluzione mentale?

Il-grande-Lebowski-5The Game, il libro di Baricco, va letto perché stimola ragionamenti a centinaia. A prescindere dalle teorie dello scrittore/saggista/performer/paraculo.
(Ne abbiamo già parlato qua, a proposito di quello che Baricco non ha detto)

(Va detto per inciso che chiunque scriva su Baricco in contesti a elevato contenuto culturale, sia sui giornali che sul web, si sente tenuto a premettere che Baricco fa cagare, ma. Ecco, io, modestamente, non lo dirò. Non leggo Baricco, ci ho provato qualche tempo fa e non è il mio genere, ma gli argomenti che tratta in The Game sono interessanti, mi sono letto il libro e mi sono segnato un sacco di appunti sui quali ora comincio a tornare.
Quello che fa cagare più di Baricco, nel caso, è lo stupido conformismo che ci spinge a dire che Baricco non ci piace ma. Non sia mai ci confondessero con quella paccottiglia. E’ un po’ anche il caso della volpe e l’uva. Ok, andiamo avanti).

Baricco definisce come rivoluzione tecnologica l’invenzione di strumenti nuovi che cambiano la vita. Fa degli esempi: l’aratro, le armi da fuoco, le ferrovie. Definisce come rivoluzione mentale quella che cambia radicalmente gli uomini. Fa due esempi: l’invenzione della stampa e quella della macchina a vapore.

Dice poi: Intuiamo in quella rivoluzione minore, perché tecnologica, il passo di una rivoluzione maggiore, apertamente mentale.

Il punto è che, poi, ci incartiamo, liquidando la rivoluzione digitale come tecnologica e non ne seguiamo la reale portata. Sarà in grado di cambiare i connotati dell’umanità?

La mia risposta è: boh.
Non so distinguere con nettezza una rivoluzione tecnologica da una rivoluzione mentale. Non so se sia così importante farlo. Quanto al cambio di paradigma imposto dall’avvento della rivoluzione digitale, è talmente forte l’impatto che ha avuto nelle nostre vite che accorgersene adesso è come intuire la sconfitta trovandosi sullo 0-4 a 5 minuti dalla fine.

Una colorita espressione romanesca saluterebbe l’affermazione con un sonoro “Grazie ar cazzo”. Se ci mettiamo ad annotare i cambiamenti originati nella nostra esistenza dalla rivoluzione tecnologica portata dal digitale viene fuori una lista chilometrica.

Il punto è che è cambiato tutto. Tutto. Dalle gerarchie planetarie alla gestione dei rapporti affettivi, dal lavoro al commercio, dalla mobilità all’enorme disponibilità di canali attraverso i quali emettere o ricevere contenuti.

Il mondo com’era alla fine della seconda guerra mondiale non esiste più, e le immagini che di quel tempo ci arrivano sembrano enormemente distanti, anche se ce le raccontano ancora, a voce, le persone che le hanno viste con i loro occhi.

La questione, nell’impianto di Baricco, non è secondaria, anzi: è un centro di gravità di The Game. Perché Baricco attribuisce a un cambiamento di pensiero la causa della rivoluzione digitale. A una rivoluzione mentale, cioè, la rivoluzione tecnologica, che quindi diventa conseguenza e non più causa.

Giocherebbe un ruolo fondamentale la consapevolezza che, usciti dalla devastazione della seconda guerra mondiale, con in mano un arsenale atomico in grado di far estinguere l’umanità e il grosso degli esseri viventi, alle prese con la guerra fredda e con i mille conflitti striscianti che infestavano il pianeta, ci volesse un cambiamento di paradigma, una riscrittura delle regole, per delimitare un campo di gioco diverso dove coltivare ideali di uguaglianza e libertà. Cambiare la scacchiera, non scervellarsi a indovinare una mossa vincente.

Può darsi, e chi dice niente. E’ bello e romantico attribuire ai capelloni della controcultura, ingegneri ciccioni dalle barbe unte e bisunte, accaniti consumatori di birra, sostanze stupefacenti e sandwich al tacchino fritto la svolta che conduce l’umanità a un salto di qualità definitivo, superata l’età della tecnologia applicata all’odio.

Per arrivare a questo hanno immaginato le meraviglie digitali che hanno consentito il compiersi di questa rivoluzione tecnologica. Però gli effetti collaterali della rivoluzione mentale non si vedono: si è moltiplicato il rumore di fondo, che restituisce parole d’odio più che di libertà, amore, pace, fratellanza, uguaglianza.
Le guerre non solo continuano, ma hanno trovato forme nuove, alternative, in grado di mettere in difficoltà chi detiene la supremazia negli armamenti.

In più, si sono fatte strada nuove forme di conflittualità, meno visibili ma ugualmente in grado di infliggere sofferenze alle popolazioni del pianeta.
Può darsi che si tratti di una fase in cui la rivoluzione mentale non ha ancora prevalso, o che sia in atto il semplice sdoppiamento dell’umanità in gruppi di Eletti, che gettano le basi tecnologiche attraverso le quali l’umanità si prepara a evolversi, e di Inferiori, incapaci di cogliere il cambiamento, destinati a perire o a finire emarginati.

Il Gioco affascinante di cui Baricco ipotizza la mappa ricorda un po’ le esagerazioni new age: la nostra evoluzione dipende solo da noi stessi. Apri gli occhi e vai in Africa, Celestino, rispondeva De Gregori: severo ma giusto, va ammesso.

E’ difficile pensare a Steve Jobs come a uno che ha messo al centro del programma il benessere dell’umanità e il superamento del secolo della tecnologia applicata alla guerra e allo sterminio. Sembra, piuttosto, che lui, Bill Gates, Zuckerberg, Bezos e gli altri, abbiano escogitato metodi sempre più sofisticati, alcuni davvero belli ed eccitanti, per arricchirsi spaventosamente.

Il cambiamento che viviamo serve anche a far fare tanti soldi a pochi, a scapito di tutti gli altri. Il che è sempre successo, ma mai, forse, con questa rapidità e con questa polarizzazione. Lo dice anche Baricco: mica siamo sicuri che la cosa non ci sia sfuggita di mano, e che il Gioco che doveva fare bello il mondo non diventi un incubo ancora più angoscioso di quello che voleva cancellare dalla faccia della terra.

Io, però, cresciuto a pane e rock’n roll, mi sono fatto un’idea degli ingegneri della controcultura: californiani, con le camicie a fiori tutte impataccate, la pancia di birra, la barba lurida, la passione per la marijuana e il bowling, i panini eccetera.
E penso che si siano dati da fare per inventare qualcosa di bello e che se la siano poi goduta da matti a giocare a Space Invaders. Punto.

Delle conseguenze, sticazzi, diceva quello di prima che parlava romanesco.
Le conseguenze sono a carico del domani.

Le scopriremo solo vivendo.

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