L’amore ai tempi di Facebook
Facebook è un posto fantastico. Un parco giochi dove si può essere quello che si vuole, quando, come e dove si vuole, eccetera. Almeno così recita il luogo comune. Ma, a parte il dubbio gusto di crearsi un doppio virtuale, non si sa bene per fare cosa e con quali amici, riesce difficile immaginare come si possano dire cazzate di fronte a parecchi testimoni che ti conoscono. Facciamo un esempio. Uno dice: Mi ricordo che a vent’anni decisi con una tripletta il torneo interno della scuola.
Arriva il primo like, il secondo, il primo bella zì, fino a quando il tuo compagno di scuola Anacleto Zappavigna entra e dice: ma come, ma se nun sì mai strusciato na palla, ti si portava per fare numero? Bella figura.
Oppure, secondo esempio. Un altro dice: nella mia vita ho conosciuto molte donne, ma quella che non posso dimenticare è colei che baciai la prima volta: bionda, alta, occhi blu, intelligente, profonda. Mai più raggiunsi tali vette.
Qua il compiacimento si spreca, le donne plaudono al ricordo edificante e alle belle parole, gli uomini tacciono invidiosi, cercando tra le foto degli amici di intuire chi sia la bionda gnocca che il fetente s’è trombato. Dopo tre pagine di frizzi e lazzi posta una cicciottina gnappa che dice grazie, tesoro, sono orgogliosa del fatto che ti ricordi così bene, anche meglio dell’originale, direi. E scatta la brutta figura: impostore! O meglio: Buciardo!
Insomma, Facebook è un posto dove si possono sparare stronzate a piacimento, lo dice pure Fazio (sabato una tirata sui social network ricettacolo di ogni male da gòmito: dovete smetterla di criticarlo, voi e Noel Gallagher). Ma fino a un certo punto, se la vostra platea è reale.
Amici e parenti saranno sempre pronti a citare l’episodio in cui avete fatto una grezza della miseria. Te ricordi quando te la sei fatta sotto a sette anni? Ti ricordi quando sei uscito con ingrid dicendo a Genevieve che avevi la nonna malata? Ma come romanista, ma n’eri della Fiorentina? (questa è vera, ndP) Ma come, tu nonna è morta ieri, ma quante nonne hai? Mentiamo, sapendo di mentina. Chi ci cerca può sapere cose di noi che potrebbero essere usate contro di noi. Ma siamo anche tenuti a essere noi stessi più di quanto non sembri, e il giochetto ci aggancia alla realtà.